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      La contraddizione non ammette gradi; havvi contraddizione nei due casi, e se siamo deliberati a disprezzarla, ogni cosa è possibile; non dobbiamo risparmiare i miracoli; bisogna concedere tutte le trasformazioni richieste dalle apparenze.
      Riassumiamo: allorchè noi vogliamo dimostrare l'esistenza delle cose esteriori, la premessa ci manca perchè reclamata con egual forza dal pensiero e dalla natura, in guisa che si aggira in un circolo vizioso. Il termine medio ci manca anch'esso, anticipatamente distrutto dalle contraddizioni della fisica e della psicologia. Non possiamo nemmeno appagare la logica sacrificando la natura, perchè la natura pretende di sacrificare l'io, per le stesse ragioni che ci consigliano di sacrificare il non-io. Se poi ci decidiamo capricciosamente al sacrifizio, ci resta ancora la missione di spiegare un errore o dello spirito o della natura; e la spiegazione dell'errore sarà assurda, quanto la creazione del mondo per mezzo del pensiero, o del pensiero per mezzo del mondo.
     
     
     
      Capitolo IV
     
      L'IO ED IL PENSIERO SI ESCLUDONO A VICENDA
     
      La nostra propria esistenza riscontrata dal pensiero non è meglio d'accordo colla logica, che l'esistenza della natura. Noi crediamo al nostro essere perchè lo sentiamo in ogni nostra facoltà, e sopratutto nella coscienza e nella memoria. Io penso, dunque esisto, cogito, ergo sum, ecco tutta la dimostrazione dell'io pensante. Io vedo che il pensiero è una qualità, dunque suppongo la sostanza che pensa in quella guisa che, vedendo il colore, suppongo un oggetto colorato.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693