Da che dunque dipende la dimostrazione dell'io? Dipende dal vincolo che unisce la qualità e la sostanza, vincolo arbitrario e contraddittorio. Il giudizio io penso dunque esisto, non è che un pensiero, come tutti gli altri pensieri; esso non è nè identico, nè uguale all'oggetto al quale si riferisce, nè si può in alcun modo dedurne l'esistenza dell'io. Il giudizio col quale mi affermo, e la propria esistenza, il pensiero dell'io e l'io pensato trovansi separati da un abisso. Dite quante volte volete: io penso, dunque esisto, io mi sento, io non posso dubitare dell'esistenza della mia persona; queste affermazioni non sono l'io, non sono la mia sostanza, non sono la mia persona; straniere ad essa, non possono dimostrarla.
Noi abbiamo veduto che la logica non ci permette di considerare il mondo esteriore come un errore dell'io; ebbene, la logica non ci permette neppure di considerare l'io come un'illusione del pensiero. Essa vuole che il pensiero e l'io vivano contraddicendosi. Entrambi sono egualmente distinti, egualmente evidenti; veri o falsi, è impossibile di contestare la loro apparenza; come scegliere l'uno de' due termini, rifiutando l'altro quale spurio? La scelta sarebbe arbitraria. Scegliete voi il pensiero? Sì, il pensiero ha un bel diritto alla preferenza, è desso che afferma, che nega, che percepisce, che dimostra; se lo sopprimete, l'io cade nel nulla; se scompare, l'io scompare; se il pensiero è falso, che havvi di vero? Dall'altra parte, l'io presentasi come la condizione del pensiero.
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