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      So che non si accetta la conseguenza; si vuole che la memoria sia un mero segno della nostra identità personale; si dice ch'essa non dimostra, non costituisce il durare dell'io, che solo essa lo suppone in quella guisa che la qualità fa supporre la sostanza, o l'effetto la causa; di modo che, scomparendo anche momentaneamente la memoria, resta sempre l'io. Ma l'eterno dilemma si presenta di nuovo. La memoria non crea la durata dell'io, essa non la genera logicamente, essa è solamente un segno, essa è dunque solamente un fatto, un'apparenza che si pone a canto ad un'altra apparenza, il durare dell'io. Alla sua volta il durare dell'io non genera, non crea la memoria; senza vincolo alcuno sanzionato dalla logica si pone a lato dell'io, che appare come la sostanza sta sotto la qualità, cioè arbitrariamente. Voi dite che l'io è la condizione della memoria: e perchè la memoria non sarebbe la condizione dell'io? Sotto un aspetto la permanenza dell'io precede, perchè la memoria sia resa possibile; sotto un altro aspetto la memoria precede, discoprendomi la permanenza del mio essere; da una parte l'io è la condizione della memoria; dall'altra, la memoria è la condizione dell'io; l'opposizione perfetta ci rende impossibile il punto di partenza, e renderebbe inutile ogni termine medio per passare logicamente ad una apparenza all'altra.
      Per un tentativo disperato saremmo deliberati a considerare la memoria o l'identità personale come un errore, e ancora noi non sapremmo quale potrebbe essere il termine vero.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693