D'altronde, questa scienza si svilupperà necessariamente nella regione delle idee; quindi la dimostrazione dell'esistenza di Dio sarà sempre una nostra idea, un nostro concetto personale, la nostra maniera di vedere; non farà Dio, non uscirà mai da sè per identificarsi con Dio, non sarà mai una vera dimostrazione. Come ogni nostro giudizio, essa soccomberà sotto la distinzione fatale del soggetto e dell'oggetto, del pensiero e della cosa. L'abisso che ci separa dalla natura e da noi stessi, s'apre altresì tra il nostro pensiero e la Divinità.
S'anco la dimostrazione dell'esistenza di Dio fosse possibile, il risultato ci sfuggirebbe ancora. Noi non possiamo pensare se non sotto la condizione del finito; un limite è indispensabile ad ogni concetto; ora in qual modo concepiremo noi un essere infinito ed illimitato? Per concepir Dio bisogna limitarlo, distruggerlo; bisogna perdere il pensiero o perdere Dio, sacrificare la nostra persona o sacrificare l'assoluto al quale si aspira. Del resto Dio non è nel mondo, e nulla sulla terra ci può rivelare la sua immagine; Dio non è la vita, perchè la vita si áltera, cambia e si esaurisce; Dio non è un pensiero, perchè il pensiero suppone un limite, poi riproduce tutte le contraddizioni della natura esteriore: in qual modo adunque innalzarci a Dio? I deisti tentano di spiegarlo pe' suoi attributi, lo proclamano onnipotente, onnisciente, infinitamente buono, ed ogni attributo ci fa ricadere nella contraddizione. Noi non possiamo concepire la scienza senza limitarla nel suo oggetto; non possiamo comprendere la forza, senza lo sforzo, senza la resistenza; non ci è dato di ammettere una bontà che non sia anch'essa limitata, lottando col male: a che dunque si riducono gli attributi divini?
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