Essa dipende dall'idea di perfezione, che già contiene il germe di una vasta contraddizione. La perfezione è relativa, si sviluppa in mille sensi opposti, segue tutti i contrari: la bellezza dell'uomo deformerebbe la donna, la perfezione della donna è imperfezione nell'uomo; i meriti diventano difetti, e i difetti meriti secondo gli oggetti. In qual modo imaginare un ente che riunirebbe tutte le perfezioni possibili? Avrebbe la forza dell'uomo, la grazia della donna, le ali dell'aquila, l'agilità della gazzella; sarebbe un mostro, sarebbe l'accozzamento il più contraddittorio di tutte le qualità. Ci vien raccomandato, anzi imposto, di staccarci dall'imaginazione, e di non concepire che la perfezione in astratto, la bellezza, la forza, l'intelligenza, ma la ragione vien meno nello sforzo, e soccombe come l'imaginazione. Io non comprendo la bellezza che non è la bellezza di alcun oggetto; essa si ridurrebbe ad una bellezza vaga, quindi equivoca: nel momento in cui vorrò determinarla, non mancherà di svilupparsi seguendo direzioni opposte. Invano si dirà: «dinanzi ad ogni opera finita, voi concepite la possibilità di un'opera superiore; il Partenone è bello senza essere perfetto; senza oltrepassarlo coll'imaginazione, potete superarlo colla ragione: voi idealizzate gli esseri; se torna inutile il riunire le perfezioni materiali che sono vere imperfezioni, potete sempre riunire le perfezioni ideali, e giungere così all'essere eminentemente perfetto.» Lo ripeto, il lavoro della ragione non serve meglio di quello dell'imaginazione.
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Partenone
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