Il finito e l'infinito si suppongono contemporanei, indivisibili nel mio pensiero; io li vedo uniti nel tempo, nello spazio, in tutta la natura: finchč mi limito ad osservarli e concepirli, io verifico un fatto materialmente vero, benchč logicamente impossibile: ma quando io separo i due termini, il mio atto č arbitrario, la separazione ipotetica, e sono addotto a raddoppiare la contraddizione primitiva perchč la logica mette nuovamente in guerra l'infinito col finito opponendo Dio colla natura. Separiamo noi Dio dalla natura? non vi sarą rapporto tra l'uno e l'altra: Dio cesserą d'essere la causa del mondo, non sarą pił che un ente ozioso ed inutile; quindi la prova di Dio sarą fallita poichč non aveva altro scopo che di cercare una causa prima e infinita alla serie degli effetti naturali e finiti. Si suppone, all'opposto, che Dio sia in relazione colla natura? Allora Dio crea il mondo, lo conserva, lo governa: l'infinito tocca il finito su tutti i punti dell'universo, e la contraddizione si presenta di nuovo pił forte che mai. Cosģ Dio, che non ha forma, genererą ogni forma; Dio, che č immobile, sarą la causa del moto; Dio, che non puņ vivere, sarą la causa della vita; Dio, che non č nč pensiero, nč luce, nč materia, sarą la causa del pensiero, della luce, della materia; quindi il pensiero, la luce, la materia procederanno da ciņ che non č nč pensiero, nč luce, nč materia; il mondo sarą creato dalla contraddizione.
La nozione stessa della causa, come fu detto, soccombe alla critica, poichč l'effetto e la causa non esprimono che i momenti dell'alterazione: tra i due termini non vi ha identitą, nč equazione, nč deduzione; si riducono a due apparenze che la natura unisce e che la critica separa.
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