Separandosi, la causa e l'effetto cadono allo stesso livello; l'una cessa d'essere la condizione dell'altro; la causa non può più dominare l'effetto. Anzi nelle interversioni della psicologia, l'effetto domina la causa: la causa è conosciuta dopo l'effetto, l'effetto la precede, e può pretendere di essere la causa della causa. Secondo l'apparenza esteriore, Dio sarà la condizione del mondo; secondo l'apparenza interiore che passa dagli effetti alle cause, si passerà dalla natura a Dio; io potrò essere la causa e la condizione dell'esistenza stessa di Dio. E che? voi direte, è forse l'uomo il creatore di Dio? io lo ignoro; solo io so che non costa più alla logica il dedurre il riposo dal moto, che il dedurre il moto da un motore immobile: l'origine del pensiero, della luce e della materia posta in Dio è contraddittoria, quanto l'origine di Dio attribuita alla luce, alla materia, al pensiero. So d'altronde, ed è certissimo, che i due termini della causa e dell'effetto son distinti, che sono egualmente validi, che si escludono a vicenda; e quando si parla di Dio e della natura, l'opposizione dell'infinito e del finito aggiunge nuova forza a questa reciproca esclusione. Io so finalmente che due termini contrari costituiscono sempre un dilemma inevitabile, e che il dilemma di Dio e della natura ci dispera quanto le altre alternative create dalla discordia degli elementi che compongono le cose e i pensieri. Dunque da un lato Dio domina, tiene il mondo in suo potere; egli è l'eterna condizione di tutto quanto esiste; ci governa, ci costituisce, ci annichila: dall'altro lato, Dio non è che l'essere spogliato di tutte le qualità, non è alcun oggetto, alcun pensiero, e per conseguenza gli oggetti ed i pensieri possono credersi superiori a lui, e dominarlo in forza della loro esistenza positiva e determinata.
| |
Dio Dio Dio Dio Dio Dio Dio Dio Dio Dio
|