Il caso si collega colla contingenza, il caso permette alle cose di conservare quel carattere per cui possono essere e non essere; il caso trovasi nel fondo del nascere, del perire, dell'universale mobilità, dell'alterazione senza limiti che invade l'universo. Or bene, Dio rende impossibile perfino il caso e la contingenza; se Dio è causa, se Dio è scopo deve comunicare la necessità della sua essenza a tutto ciò che dipende da lui; egli è l'eterno geometra, e tutti i suoi atti debbono svilupparsi colla necessità della geometria. Se credesi a Dio, si respinga come un'illusione l'idea della contingenza; si sottomettano tutti i fenomeni al fato matematico, l'avvenire sarà irrevocabile quanto il passato, il passato quanto i numeri che lo misurano. E non si parli della libertà divina. Se la libertà divina consiste nella facoltà di attuare il pensiero di Dio, si riduce alla necessità più cieca; Dio non è più signore di sè, che non lo sia il fiume che scorre; aggiuntovi che in Dio il fiume scorre per una necessità infinita. Se poi la libertà divina è la potenza per cui egli può opporsi a' suoi propri pensieri, alla sua propria natura, al vero, all'essere, allora egli cade in balia della propria libertà, Dio tutto intero diventa contingente, può distruggersi; e noi ricadiamo sotto l'impero di un caso infinito, condannati a considerare la stessa necessità come un'illusione dovunque si presenti, anche in Dio. Allora le leggi della geometria, quelle della logica saranno contingenti, potranno non essere; se un Dio necessario rende impossibile la contingenza nel mondo, un Dio libero ne rende impossibili le apparenze necessarie.
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