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      Anche qui, come dovunque, il motivo di scegliere vien meno, e noi siamo in balia di un dilemma.
      Ogni legge riproduce la contraddizione della libertà e della fatalità. La legge approva, biasima, incoraggia, umilia, crede che l'uomo sia libero, e gli perdona quando la libertà scompare. Nel medesimo tempo la legge punisce, compensa, calcola i nostri interessi; ci suppone interessati, e non si crede forte se non quando ha conosciuti tutti i motivi che determinano la nostra volontà. Lo stesso contrasto si trova nelle religioni. Esse parlano di merito, di virtù, di libertà: vogliono scandagliare la coscienza, si dirigono alla parte più spontanea del nostro essere; e nel tempo stesso ci dominano materialmente con un sistema di pene e di ricompense a cui non si può resistere senza follìa. I legislatori ed i profeti ci considerano essi come agenti liberi, o come automi? dobbiamo noi meritare la nostra sorte? dobbiamo subirla? Siamo noi gli artisti o gli istrumenti della natura? L'apparenza è doppia.
      Poniamo la libertà, dimentichiamo l'antitesi della fatalità; sotto l'impero della logica il dovere diventerà impossibile. Il libero arbitrio ci rende indipendenti dalla natura, superiori ai nostri interessi, alle nostre affezioni, alla nostra propria ragione; col libero arbitrio le nostre azioni emanano direttamente dall'io, senza causa, senza motivo, fatta astrazione dalle azioni anteriori. Quindi col libero arbitrio le nostre azioni diventano altrettanti miracoli, non hanno antecedenti, escono dal nulla.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693