Credesi che il bene assoluto soddisfaccia l'intelligenza e improvvisi l'equazione col dovere, respingendo per sempre l'ingiustizia, che si fa eguale al falso interesse. Ma il bene assoluto, lungi dal soddisfare l'intelligenza, è l'inconcepibile, l'inintelligibile, l'assolutamente impossibile; si riduce a un bene senza beni; sorge superiore ai nostri istinti, ai nostri sentimenti, ai nostri gaudi; non tocca il senso, nè la coscienza; non impone la giustizia, non respinge l'ingiustizia. Il perchè tutto è permesso al fakir; la sua follìa è santa, e la sua persona santifica l'adulterio. Quando cessa d'essere inconcepibile, il bene assoluto è un genere; lungi dal consigliarci il sacrificio di un interesse qualsiasi, emerge dalla riunione di tutti gli interessi morali e immorali, durabili ed effimeri.
Sia pure possibile di raggiungere il bene assoluto col sacrificio de' beni relativi; ammettiamo, se occorre, tutte le speranze del prete, del devoto e del frate; sia stabilito che rinunziando ai beni, si ottenga il bene. Infinito o finito, assoluto o relativo, celeste o terrestre, il valore è sempre il valore, sempre interessato. Quindi il prete, il monaco, il devoto si ridurranno a cambiare il relativo nell'assoluto, a dare il presente per l'avvenire; non saranno che egoisti trasmondani, i quali mutueranno i loro valori a cento, a mille per uno: dov'è il sacrificio? dov'è la virtù? L'orgoglio dello stoico è più disinteressato dell'umiltà del monaco: che dico? lo stesso libertino è più ascetico del devoto mezzo cupido, mezzo stupido, in traccia de' piaceri per la via del digiuno, della preghiera e della macerazione.
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