Assicuriamo un premio alla virtù? essa è venale, non è più virtù. Perchè accusiamo l'ipocrita? perchè il suo sacrifizio è calcolato, simulato per conseguire un benefizio e la sua virtù è menzogna. Premiate, punite: distruggete la nozione stessa del merito; si opera coll'aspettazione del premio e della pena; si segue l'unico principio dell'interesse: la sanzione annullerà la giustizia, nella stessa guisa che l'invulnerabilità ridurrebbe a vana ostentazione il coraggio del soldato.
La sanzione apre un vero mercato tra i cittadini e la cosa pubblica; mercato in cui è tacito patto che nulla sarà fatto per nulla. Con qual diritto si parlerà di merito, di virtù, se ogni azione viene tariffata e mercanteggiata? E chi ha il diritto di esser pagato non è forse padrone delle sue azioni? Non ha forse la facoltà di rifiutarsi al mercato, di resistere al legislatore? Se vien punito, la pena sarà un'ingiustizia: tutta la forza della pena sarà nella forza meccanica della legge; tutte le parole con cui la legge biasima il vizio della colpa, esprimeranno l'atroce derisione del legislatore, che punisce chi non si vuol vendere. Di là una alternativa alla quale non si sfugge: devo esser ricompensato delle mie azioni? la pena è una profonda ingiustizia: sono io tenuto ad obbedire? la ricompensa è oziosa e contraddittoria. La pena e il premio si escludono scambievolmente.
Potrà dirsi che la sanzione ristabilisce una specie di equilibrio tra il bene e il male, dando un bene a chi si è privato di un bene, un male a chi si è privato di un male, rifiutando il sacrifizio.
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