Il diritto di Dio non si fonda nemmeno sull'onniscienza. Che importa la superioritā intellettuale dell'autore del mondo? Per comandare vuolsi un titolo, per obbedire, un dovere; nč la scienza č un titolo, nč un dovere l'ignoranza.
Non ci corre nemmeno il debito di obbedire a Dio per un motivo di gratitudine. Dio, si dice, ci diede la vita: ma ci consultō egli? Abbiamo noi contratto l'obbligo di obbedire prima di nascere? La riconoscenza potrebbe essere trasformata in dovere giuridico? Molte volte i profeti, maledicendo l'empio dicevano, meglio per lui che non fosse nato. Qual riconoscenza devesi a Dio per aver ricevuto il mal dono di un'esistenza sventurata?
Nella presenza di Dio restiamo assolutamente liberi: volendosi obbedito, egli oltrepassa il suo diritto, diventa tiranno; domandandoci omaggio, diventa cupido e vanitoso; sottoponendo il giusto ai patimenti, compiacendosi dell'infortunio de' suoi eletti, sente la gioia di un carnefice improvviso; punendo i ribelli, diventa iniquo; e certamente, se vi ha una legge morale, se ci č dato concepire una lotta dell'uomo contro Dio, non solo la lotta č giusta, ma il delinquente diventa sublime pel coraggio, pel sacrificio, per la fede nel suo diritto. Non a caso la poesia santificava colla magia del bello i Titani che combattevano Giove e le legioni di Lucifero che lottavano contro gli angeli; dal momento che Dio comanda senza diritto, la giustizia s'interverte, il vizio diventa virtų.
Abbiamo veduto che la giustizia e la sanzione si escludono vicendevolmente; e in Dio i due termini si escludono con forza infinita.
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