Domandare un sacrifizio, e immediatamente largire una mercede dieci volte, mille volte maggiore, non č atto senza causa e senza moralitā? Perchč Dio premia se domanda un sacrifizio? D'altra parte, perchč domanda un sacrifizio se vuol premiare? Intendiamo bene che un governo possa ricompensare; esso onora la virtų senza pagarla, il suo premio non distrugge i pericoli a cui si espone il cittadino; la ricompensa in Dio assolutamente certa non lascia dubbio, annulla il pericolo, sopprime compiutamente il sacrifizio, e lo trasforma in un calcolo interessato, avaro, infallibile, senza generositā, senza moralitā. Il premio suppone la pena; come giustificare la pena? Un governo deve punire; costretto a difendersi, deve combattere, atterrire: Dio ha forse bisogno di difendersi, di combattere, atterrire? Vogliam noi che la pena sia una espiazione? Il concetto dell'espiazione č atroce; corrisponde alla vendetta, al male gratuito; si riduce ad una forza spietata e divoratrice, il cui primo principio fa inorridire la ragione. Un Dio vendicatore sarā un demone; un Dio che punisce per atterrire coll'esempio sarā un Dio impotente; in ogni modo, la pena che sanziona una legge arbitraria, altro non sarā che il dolore al servizio dell'ingiustizia: la giustizia di Dio sarā una spaventosa tirannia nell'universo.
Egli č dunque palese che sotto l'azione della critica la commedia della vita si dissolve in Dio che non puō distinguere il bene dal male, nč dare la libertā all'uomo, nč divenir legislatore, nč ricompensare, nč punire.
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