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      Cediamo dunque all'impulso della natura, raccogliamo intorno a noi il maggior numero di beni: sarà sempre vero che non possiamo darci ad un tempo a tutti i piaceri; è forza scegliere tra i diversi beni, e la logica c'investe di nuovo ripetendoci l'inevitabile sua contraddizione. I beni sono diversi, distinti; sono irreducibili; il motivo della scelta ci manca assolutamente. Si paragoni la voluttà coll'ambizione. La voluttà si fonda sul senso, chiede solo il piacere, consulta solo il capriccio; l'ambizione vuole il comando, l'ordinamento degli interessi, la signoria dello Stato. La voluttà e l'ambizione si escludono stimando in senso opposto ogni valore. Per la voluttà il denaro è la chiave de' piaceri, l'amore è l'imagine suprema della felicità, la gloria una fonte di dolcezze: per l'ambizione il denaro è la chiave delle coscienze, l'amore un espediente, la gloria un mezzo onde affascinare i popoli. Se anco la gloria e l'ambizione fossero sole sulla terra, se la contenderebbero senza nemmeno intendersi. Per l'uomo sensuale l'ambizione è un affetto che si svolge in mezzo ai tumulti; è un morbo della vanità; essa ci sottopone a fatiche esose, a intollerabili privazioni; è una forza che ci strugge. D'altra parte, il politico disprezza la felicità dell'inerte, lo lascia a' suoi piaceri insipidi, alle sue soddisfazioni neghittose e domina l'ozioso come sua cosa. La voluttà e l'ambizione si accusano scambievolmente di follìa; il bene dell'una è il male dell'altra; e viceversa. La stessa opposizione si rinviene tra tutti i beni, si moltiplica nella varietà degli istinti, delle passioni, delle ispirazioni, e ci toglie ogni motivo di scelta.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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