Non potendo scegliere, non possiamo scambiare un bene coll'altro, nč cangiare, nč vendere, nč determinare alcun valore. E che? si dirā, ogni cosa ha un valore; vi ha il commercio, vi ha il denaro che rappresenta tutte le cose, e lo scambio sarā impossibile? Non nego l'esistenza del valore, concedo che vi ha nell'oro un valore universale, stabilito anticipatamente dalla natura nell'istinto misterioso che spinge l'uomo a cercare le materie preziose: anzi supporrō che ogni sentimento possa comprarsi e vendersi, che nulla possa resistere alla forza dell'oro e che nessuno resisterebbe se la natura non avesse nascosto le ricchezze necessarie per vincere tutte le affezioni, e per contraccambiare i valori di tutti gli istinti. Vedesi che accordo l'impossibile; eppure la impossibilitā logica, di scegliere tra i beni, sussiste a malgrado dello scambio, a malgrado del denaro, a malgrado delle equazioni stabilite di continuo tra i diversi valori: non si negano le preferenze, non si nega il fatto dello scambio; si nega la spiegazione logica del fatto, il sillogismo della deliberazione, la stima matematica dei valori, la possibilitā di stabilire il pių o il meno quando i beni sono diversi.
La contraddizione che separa un bene dall'altro si rinnova nel concetto stesso del cambio dei valori. Perchč scambiate una cosa coll'altra? Perchč differiscono; se non differissero, lo scambio si ridurrebbe a un atto vano, si opererebbe senza operare; sempre lo scambio suppone la differenza, suppone ad un tempo l'eguaglianza e l'ineguaglianza, suppone due cose che si escludono.
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