Qui diventa il principio della differenza, e dichiara che due qualità opposte non possono appartenere in pari tempo a un medesimo oggetto. Si ammette dunque che le due qualità possano appartenergli l'una dopo l'altra, si accorda dunque che l'oggetto può cessarc di essere ciò che è, per diventare altro. Dunque l'identità è in balia di ciò che non è identico e si distrugge sviluppandosi.
L'equazione subisce il medesimo destino. Essa si fonda sull'eguaglianza: ma due cose assolutamente eguali non possono distinguersi, e sarebbero per noi la stessa cosa. L'eguaglianza che credesi di affermare coll'equazione, non è l'eguaglianza, è l'identità di una stessa cosa sotto due forme diverse, l'identità di un numero nella diversità dei termini; e la differenza ferma l'eguaglianza nell'atto stesso in cui dovrebbe svilupparsi. Se A è eguale a B; B è A: l'apparenza di B è un errore, B non esiste; se A non è eguale a B, dov'è l'equazione? Insomma l'equazione ci presenta la contraddizione dell'eguaglianza e dell'ineguaglianza. La vera eguaglianza non può essere afferrata perchè identifica i due termini: l'ineguaglianza escludendo l'eguaglianza, ci impedisce di sviluppare l'equazione: quindi la contraddizione si manifesta nella seconda forma della certezza.
Lo stesso si dica del sillogismo. Il sillogismo si compone di tre termini, il primo de' quali contiene il secondo, che contiene il terzo termine. Dunque esso suppone già che i tre termini siano distinti, e che nel tempo stesso gli uni sian contenuti negli altri; dunque suppone i suoi termini gli uni negli altri, e gli uni fuori degli altri.
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