Così il sillogismo si trova esposto, per la sua stessa costituzione, alle inconseguenze dell'identità e a quelle dell'equazione. Si propone di dedurre una cosa dall'altra, e accettando la distinzione delle cose non si può nulla dedurre, siamo nella necessità di dover ottare tra la differenza dei termini e la loro identificazione. Se A è fuori di B, e B fuori di C, non dite che v'ha un rapporto fra i termini, non dite che si uniscano nella conseguenza. Che se A è in B, e B in C, i tre termini non sono distinti, sono un termine solo, havvi identità; il sillogismo è impossibile. Passiamo oltre. Chi dà i termini al sillogismo? la natura. Chi li dispone? ancora la natura, che unisce a due a due i termini per formare le proposizioni delle premesse. Quando si dice il peso è materiale, la pietra pesa, dunque la pietra è materiale; le premesse dinanzi alla logica sono affatto arbitrarie; tra il peso e la materia, tra la pietra e il peso non havvi identità, nè eguaglianza, nè deduzione. La necessità matematica del sillogismo si trova solo nella conclusione, e questa necessità non si fonda se non sul capriccio della natura, la quale suggerisce le due premesse; con altre parole, non si fonda se non sulla materia della logica. Il sillogismo è dunque sottoposto a tutti i dilemmi della natura. Cieco sul proprio punto di partenza, può venire soggiogato da tutti i contrari, può essere dominato dall'identità, dalla differenza, dall'eguaglianza e dall'ineguaglianza, dalla sostanza e dalla qualità, dal bene e dal male; esso deduce egualmente la verità e l'errore, ed è l'istrumento naturale di tutte le interversioni possibili.
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