Dove sarebbe il punto di partenza? Trovasi dovunque. La critica comincia dove si vuole, in quella guisa che s'incomincia a misurare lo spazio prendendo un punto a caso: non havvi ragione per prenderlo più vicino o più lontano, più alto o più basso. Inoltre, ogni scienza ha le sue contraddizioni: le antinomie della fisica debbono esse signoreggiare quelle della chimica? oppure le antinomie della chimica devono forse primeggiare su quelle della fisica? Tutte le contraddizioni aspirano alla supremazia, tutte sono reciproche, tutte scambievoli; io sono partito dall'alterazione per giungere al rapporto, e di là alla causa e all'effetto: la causa e l'effetto alla volta loro dominano il rapporto, e col rapporto l'alterazione. Classificare le antinomie è un disconoscerle, è ignorare che la classificazione si fonda sulla nostra maniera di vedere, sulla base di un sistema preconcetto. D'altronde, da una classe all'altra le transizioni sono innumerevoli, impercettibili; e quivi l'antinomia ingrandisce; poi le classi sono reciproche, e la reciprocità ristabilisce il dilemma riconducendoci al punto di partenza. Separate la scienza dell'interesse da quella del dovere; questa scomparirà; tolto l'interesse, son tolti l'utile, il danno, la possibilità stessa di violare la giustizia; il concetto stesso del dovere scompare. Istessamente tutti i contrari nascono e muoiono insieme; ma qual nozione si sottrae al loro dominio? Lo scetticismo che si fonda sopra un dato numero di sofismi, o di luoghi comuni, o sopra certe considerazioni psicologiche, o sui contrari della ontologia, non è vero scetticismo; conserva le traccie dei dogmi di una metafisica presupposta, ne ritiene l'ordine, si ricorda troppo dell'origine delle sue proprie negazioni.
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