Non si vede; lo scetticismo resta ancora confinato in certo numero di tesi e di luoghi comuni per dimostrare che le nostre opinioni cambiano secondo la varietà degli animali, degli uomini, dei sensi, delle circostanze; secondo la posizione, la combinazione, il rapporto, il soggetto, l'abitudine, ecc. E se tutto non cambiasse? Pirrone sarebbe vinto; ma per noi la contraddizione resterebbe, perchè l'identità, l'equazione e la deduzione riprodurrebbero i dilemmi anche nell'apparenza eterna, anche nell'apparenza isolata, sensibile o intelligibile, anche nella percezione infallibile, anche nel caso in cui la varietà delle opinioni e l'inganno dell'errore fossero fenomeni sconosciuti. Non è l'io, non è il moto, non è il rapporto, non è l'errore che mi confondono, ma rimango confuso da ciò che esiste. Pirrone propone la felicità nella quiete, nella tranquillità; lascia il mondo al suo corso, e si riposa sul guanciale del dubbio; e se io voglio osservare, lottare, credere, ingannarmi, se cerco le delizie dell'errore? Ciò si vede, ciò è possibile, e ciò distrugge la morale di Pirrone. Poi, perchè cercate l'equazione della felicità? Per difetto di critica. Pirrone ignora adunque l'istrumento della critica, e l'arte di intervertire ogni tesi col mezzo di tutte le altre.
Enesidemo, Agrippa e Sesto Empirico toccarono i primi dell'istrumento della critica, ma solo per inventare i luoghi comuni che contestano la possibilità della dimostrazione. «Non si può nulla dimostrare» dicono essi, «perchè o dimostrerete scambievolmente una cosa per l'altra, grazie ad un circolo vizioso, o cercherete sempre la prova della prova, e cadrete nel regresso all'infinito: di là l'insufficienza di tutti i principj.
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Pirrone Agrippa Sesto Empirico
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