Il movimento delle equazioni porta Descartes molto al di là del criticismo esposto nella prefazione del suo sistema, nell'analisi del dubbio preliminare. Descartes resta sempre dogmatico: ma a qual patto? a patto d'un miracolo continuo: nel suo sistema io son certo di esistere perchè Dio lo vuole; la matematica è vera perchè Dio l'ha decretata tale; il mondo non inganna la mia percezione, perchè l'inganno fu respinto dalla volontà di Dio: havvi un rapporto tra i miei pensieri ed i corpi, perchè Dio ha prestabilito questo rapporto: Dio, un prodigio perpetuo della volontà divina; ecco il termine medio della metafisica cartesiana. E Descartes come dimostrava l'esistenza del gran genio della verità, di Dio? Col pensiero; in guisa che nel suo sistema il pensiero prova Dio, e Dio prova il pensiero; la matematica conduce alla teodicea, e la teodicea conduce alla matematica; la divinità è figlia dell'evidenza, e l'evidenza è figlia della divinità. La logica accetta e distrugge alternativamente i pensieri, gli assiomi, la matematica; però colla differenza, che la demolizione è naturale, e la ricostruzione soprannaturale; la prima è provata, la seconda supposta. Poi la supposizione stessa si trova, da ultimo in balia di un'incognita, per la ragione già detta che questo Dio creatore, conservatore, sincero, veridico, è assolutamente libero, assolutamente superiore alla creazione, alla conservazione, alla sincerità, alla verità; potrebbe voler ingannarci, potrebbe correggere i suoi disegni, pentirsene, rinnegarli.
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