Tutto il sistema consiste in una grande trinità, in un immenso sillogismo: nel primo termine vien posto l'essere metafisico; nel secondo, l'essere opponendosi a sè stesso, cioè la materia e tutte le sue leggi; finalmente, la negazione della negazione conduce all'uomo, in cui l'essere (o Dio) finisce per acquistare la coscienza di sè stesso. I progressi di questa coscienza sono quelli della storia, che s'incorona collo stesso hegelianismo, il quale dà all'uomo la coscienza d'esser Dio. Il sublime e l'avventato s'intramettono così nella conclusione: il sublime è la religione dell'umanità, l'avventato è la deificazione dell'uomo: forse v'ha alcun che di vero, e certo un grand'atto di fede; ma questo vero è l'ignoto, la fede si perde nel nulla. Tutto il sistema forma adunque un unico sillogismo, che si prova colla sintesi dei contrari, e in cui la conclusione è ignota: qual'è adunque il risultato dello hegelianismo? la sintesi dei contrari, cioè la contraddizione universale, e la conclusione nell'ignoto, cioè l'assenza del vero.
Niun filosofo, tra i moderni, ha eguagliato il genio di Hegel; niuno è stato di lui più ardito, più preciso, più infaticabile nella invenzione metafisica: siamo presi d'ammirazione nel considerare questo uomo, che, senza ristarsi mai, si apre la via a traverso l'impossibile; egli è sempre solo, ed esce sempre grande da una lotta disperata; egli è sempre vittorioso tanto da renderci attoniti. Pure la forza dell'hegelianismo sta tutta non nella metafisica, ma nell'interpretazione della storia.
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Dio Dio Hegel
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