Quando Hegel cerca il sillogismo del moto della terra o l'antitesi che crea i minerali, il suo procedere è sofistico, e qualche volta puerile; ma quando spiega Socrate, il Cristo, la riforma di Lutero, la rivoluzione di Francia, allora sale a grandezza sublime. Ma d'onde questa grandezza? Non dal sillogismo hegeliano, non dall'arte di oltrepassare le contraddizioni dialettiche, ma dalle contraddizioni positive. Per esse la natura si sviluppa, il pensiero si estende, il vero trionfa del falso; per esse non havvi sintesi, non ritorno a una tesi precedentemente negata; havvi solo la cieca necessità, la quale sacrifica il debole al forte; e poco importa che ciò venga dalla forza della pietra, della spada, o del pensiero trionfante per mezzo degli uomini o dei popoli.
Su questo campo Hegel non è più metafisico, è fisico, storico; segue l'evidenza; il suo sillogismo, lungi dal soccorrerlo, lo imbarazza, lo svia, è la fonte prima di tutti i suoi errori nella filosofia della storia. Gli fa separare i momenti del pensiero secondo il caso dei continenti, delle guerre, delle razze, dei fortuiti eventi, gli fa sostituire cavillosi concetti alle transizioni che gli mancano. La logica opprime il titano che la vuoi vinta.
Se adunque una filosofia, stando alla logica, è cosa impossibile, la filosofia, in onta alla logica, è impresa insensata; il pensiero non potrà mai svincolarsi dalla contraddizione che scaturisce sotto il peso della ragione.
PARTE SECONDA
DELLA RIVELAZIONE NATURALE
Ci è impossibile il lottare contro il dubbio universale; non potremo mai vincerlo, nè dimenticarlo; non ci rimane che ad evitarlo, a fuggirlo, riparandoci sul campo stesso ove la natura ci chiama.
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