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      No, non havvi criterio; ogni apparenza serve sč stessa di criterio: la sensazione giudica le sensazioni, la vista giudica la visione, la ragione giudica la ragione, le veritą non si verificano e son tutte irreducibili.
      Ogni apparenza annunzia da sč la parte che sostiene in mezzo alle altre apparenze: un fenomeno č qualitą, l'altro č sostanza; la luce illumina, i corpi sono illuminati: perchč? non lo sappiamo, conosciamo solo il fatto, e dobbiamo fermarci nel fatto. La qualitą s'annunzia come qualitą, la sostanza fa le funzioni di sostanza, la causa si dice condizione dell'effetto, lo spazio si dichiara condizione del corpo, il tempo, del moto; ciņ pare, ciņ č.
     
     
     
      Capitolo II
     
      DEL METODO
     
      Le regole del metodo devono ridursi tutte al precetto di accettare le apparenze, di non parlare nč del possibile, nč dell'impossibile quando siamo in presenza de' fatti. Da che si oltrepassa una sola apparenza, l'azione della logica si sviluppa, guadagna, e sovverte uno a uno tutti i fenomeni; la contraddizione si fa universale.
      Accettiamo adunque il fato delle apparenze, restiam servi del fenomeno; č assurdo, pure dobbiam ripetere con Tertulliano: credo quia absurdum.
      L'idea di fermarsi al fatto, di non chiedere la dimostrazione del vero, di non cercare di risalire al di lą delle veritą primitive non č in alcun modo idea nuova. Č antica quanto la filosofia: Aristotele la raccomanda; Bacone non cessa di predicare l'osservazione; Reid non si stanca di accusare i filosofi che pretendono di spiegare i fatti primitivi della ragione e del senso comune.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





Tertulliano Aristotele Bacone Reid