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      Da sè la logica non conta, non agisce, non ha verun officio, e non è se non sovvertitrice; considerata come l'irradiazione delle cose sensibili, come l'istrumento della natura, esprime la fatalità dell'esperienza, e impone alle cose di essere ciò che sono.
      Stando alla logica, nulla può cominciare, nulla può finire; ogni oggetto deve essere eterno. Le cose sono esse eternamente ciò che sono? Non interroghiamo la logica, ma sibbene l'apparenza; sono le cose stesse che devono dominare la logica. Le cose mutano, s'alterano; l'alterazione discende, lo concedo, dalle regioni dell'impossibile; ma appare, dunque è; e devesi considerare come un fenomeno, cioè come una cosa. Qui il nascere, il perire il moversi, ogni metamorfosi fa le funzioni di un atto unico, che dev'essere preso nella sua totalità. A questa condizione l'alterazione si impadronisce della logica, e signoreggia le tre forme dell'equazione, dell'identità e del sillogismo. Manifestandosi qual fatto, l'alterazione si distingue per l'identità da tutti gli altri fatti, è ciò che è; l'uomo che muore non risana; la terra che gira non è immobile; e così l'istessa identità difende il fatto dall'alterazione. Sarà esso eterno? ogni cambiamento sarà sempre per durare? stiamo di continuo all'apparenza, alla rivelazione; essa pone il fatto dell'alterazione; ci dice quando il fatto comincia, ci dirà quando finisce; ci insegnerà quando il mobile si ferma, quando la vita cessa, quando l'uomo perviene all'età della ragione. Vogliam noi oltrepassare l'apparenza, esser più forti dell'intuizione? cerchiamo noi l'ora, il minuto in cui l'adolescente diventa uomo?


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693