Mancando l'apparenza percettibile, ci sarà forza interrogare la logica astratta; dovremo cercare di discernere l'apparizione della ragione in un momento indiscernibile, e in questo momento noi troveremo che l'uomo ha e non ha la ragione, e diremo che l'ultimo minuto dell'adolescenza avrà dato la ragione all'adolescente. Così cadremo nel sofisma del cumulo. Aderiamo dunque all'apparenza, questa ci dà l'alterazione, la fa essere; e quest'essere ha il diritto di dominare l'identità, reclamando tutte le conseguenze dell'esistenza. Anche l'equazione è dominata dal fatto dell'alterazione; il cambiare, il muoversi sono soggetti a una misura, a una direzione; ci offrono diverse quantità, possono tradursi in figure; quindi cadono sotto la legge della figura, quindi si impadroniscono dell'equazione. Da ultimo, l'alterazione ha le sue qualità; il moversi, il vivere, il morire ci danno più termini analoghi alle qualità, ai termini dell'albero, del sasso, dell'animale; e l'alterazione può entrare co' suoi termini nel sillogismo, e dominarlo.
L'apparenza ci rivela i rapporti fra le cose nel modo stesso con cui ci rivela l'esistenza e l'alterazione dei fenomeni. Le cose influiscono le une sulle altre, si mescono, si confondono, si separano; e questo è un fatto nel tempo stesso incontestabile e inesplicabile. Quando lo si vuol spiegare, si oltrepassa l'apparenza, si resta senza dati, cade in balia della logica, e, lungi dallo spiegare il rapporto, si ricade a negarlo. Secondo la logica, nessun oggetto può uscire di sè, quindi nessuna cosa può influire su altre cose, quindi il rapporto riesce logicamente impossibile.
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