Il genere-tipo di Platone sopravisse, divenne or un eone, or il pensiero di Dio, ora il verbo divino; per render ragione dell'apparenza si allontanò sempre più dall'apparenza. Lasciamo la scuola d'Alessandria, in cui la metafisica del genere troppo si complica con altri problemi: sarà meglio seguirla nel medio-evo noi la rinveniamo nel dramma della scolastica. La scolastica era una metafisica, dunque combinava le questioni del giorno colle questioni eterne; la questione del momento era il cristianesimo, la questione eterna era la antinomia dell'individuo e del genere. Ecco il problema qual fu posto dalla dotta ignoranza degli scolastici: «Dio,» dicevasi, «è uno e trino; la eucarestia è una e multipla; il genere è in opposizione coll'individuo: ora questi sono fatti illogici; bisogna scoprire il principio che li spiega come fatti naturali e necessari: qual'è dunque il principio che fa essere ad un tempo uno e multiplo il fatto di Dio, quello della eucarestia e quello del genere?» La questione era assolutamente metafisica..
Roscellino diede la prima soluzione. Non riconosce se non l'individuo; secondo lui nulla esiste se non alla condizione di esser un individuo uno e intero; i generi, le qualità, i rapporti non esistono; non ci presentano nè l'unità, nè l'integrità individuale. In primo luogo, diceva Roscellino, se l'individuo è reale, il genere non è che una parola, flatus vocis, non si concepisce l'uomo che sotto la nozione dell'individuo; se fosse altrimenti, vi sarebbero due uomini in un uomo.
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