Oramai l'antinomia ingrandiva: l'ente di Elea riappariva nell'unità del Dio cartesiano, il cartesianismo rovinava: Spinosa, che se ne accorse, volle evitare la contraddizione sviluppando Descartes.
Vi hanno due momenti nel sistema di Spinosa; il primo ammirando: egli rettifica la metafisica cartesiana, il secondo fallace: egli2 lotta contro l'antinomie.
Nel primo momento, Spinosa afferra la verità, che si trova in fondo alla dimostrazione di Dio data da Descartes, l'eguaglianza dell'essere e del parere, l'identità dei due termini, la necessità d'ammettere l'esistenza dell'essere, che Spinosa concepisce sotto la forma di una sostanza, una, indivisibile ed eterna. Spinosa mostra dunque la verità là dove appare realmente, nella sostanza universale; in mano sua la dimostrazione dell'esistenza di Dio non dà se non ciò che realmente contiene: la sostanza necessaria ed infinita. L'immensità di Dio diventa l'immensità della sostanza, le perfezioni divine diventano le perfezioni apparenti del mondo, la fatalità si sostituisce alla provvidenza, un ente astratto soppianta il Cristo e comprendiamo la meraviglia il terrore dei teologi che videro sorgere dal seno delle loro dimostrazioni il più geometrico ateismo.
Ma nel rettificare la metafisica cartesiana Spinosa volle sciogliere le contraddizioni sollevate dalla geometria dell'essere; e qui incomincia il suo fallire: qui deve spiegare le contraddizioni della sostanza, stabilirla come principio, unica realtà essa deve trarne l'esistenza del mondo.
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