L'abitudine restringesi a riunire i fenomeni: li generalizza? li rende essa somiglianti? può essa trasportare il simile nel diverso? l'identità nella differenza? L'unione di due cose opposte è forse una generalizzazione? In qual modo l'abitudine diventerà il tempo, lo spazio, l'essere, la sostanza, la causa, generi primitivi universali, superiori ad ogni abitudine, e contenenti necessariamente le abitudini, giacchè ogni essere, ogni associazione appare contenuta dal tempo, dallo spazio, dalla sostanza, dalla causa? Se Spinosa, costretto a individuare la sostanza, dichiarava essere noi modi dell'eterno, Davide Hume, impegnato a generalizzare la sensazione, dichiara essere la sostanza un modo dell'io: se Spinosa crea la natura traendola dal vuoto della sostanza, David Hume la crea traendola dal vuoto dell'abitudine. Dai due lati il processo è lo stesso, l'impossibilità torna la stessa, e i nuovi filosofi non possono distruggere la metafisica che aborrono e che s'insinua, a loro dispetto, ne' loro sistemi; riluttando all'apparenza,
rimangono avvolti nel vortice della critica.
Il genere fu ristaurato da Kant; ma poco giova se l'eclettismo, fondandosi sui generi, pretende di avere sconfitta la critica. Gli eclettici si rallegrano di avere conquistate le nozioni eterne dello mspazio, del tempo, della sostanza e della causa: le adorano, ne parlano giubilanti come di principj assolutamente certi, i quali, giusta Platone, danno alle cose la potenza di essere conosciute, all'anima quella di conoscerle.
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