L'io č in sč, vede in sč l'universo, l'universo corrisponde alla sua visione per un'armonia prestabilita: istessamente, ogni oggetto č un io, una monade, che puņ divenir l'io e pił che l'io, e intanto fa l'oggetto in sč, per sč, non ha parti, non si estende alle parti; le altre monadi rispondono al suo impero, e si dispongono in modo di simular le parti corrispondendo a tutto in forza di un'armonia prestabilita. Cosģ si formano il continuo e il discreto, l'uno e il multiplo, l'infinito potenziale e il finito fisso, il tutto e le parti, per cui la materia vive di pensieri in ogni monade, e fuori delle monadi non č materia.
Dove siamo giunti? Siamo giunti alla visione in Dio, alle anime, a Dio o dovunque piaccia, ma certo fuori dell'apparenza, oramai accusata e convinta d'essere falsa e assolutamente impossibile. Qui la metafisica della materia non č nemmeno la metafisica della materia, č la scienza di ciņ che non esiste, di ciņ che non appare, di una moltitudine di entitą in contraddizione colla realtą, e apertamente in contraddizione con sč stessa.
Dopo Malebranche e Leibniz la metafisica venne disprezzata, lo scherno oltrepassņ la confutazione, i suoi rappresentanti subirono il martirio della derisione. Fu deciso ch'era mestieri attenersi al buon senso; e lo stesso Kant accordava poi lettere patenti che sanzionavano la satira volteriana ispirata dal buon senso contro la metafisica della materia. Oggi possiamo oramai accettare la rivelazione naturale di Bacone, e sottomettere l'intelletto alle cose; noi sappiamo quando e come le cose sottomesse all'intelletto, sottomesse alla logica, diventano teatro della contraddizione universale; sappiamo quando e come questa contraddizione presa per l'errore di un giorno, di un uomo, di una scuola, ha sospinto lo spirito umano nell'evoluzione metafisica e questa finisce coll'universalizzare, col dimostrare l'eternitą dei dilemmi, e la necessitą di sottoporre la logica alla rivelazione naturale.
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