Platone, Aristotele, Cuvier stavano per la prima alternativa; i filosofi della scuola jonia e Lamarck stavano per la seconda: la questione non può essere decisa, l'apparenza non la decide. Che diventa il germe nel momento della sua dissoluzione? Si scioglie; se volete che rimanga, che si conservi a dispetto dell'apparenza, se lo volete immortale, proclamate l'assioma che nulla nasce, nulla perisce, l'assioma della logica che vieta alla rosa di spuntare e che le vieta di perire, che rende il mondo impossibile.
Crederemo noi all'esistenza degli esseri immateriali? Sì, quando si rivelano e si percepiscono; no, se gli esseri immateriali sono l'opera della nostra intelligenza. Io non vedo altri esseri immateriali, tranne gli esseri indivisi dalla stessa materia: vedo i generi; l'uomo, l'animale, la rosa, la pietra, cose intangibili, ma esistenti; e quando non vi sono più uomini, nè rose, nè pietre, il genere scompare cogli individui. Vedo altresì l'unità di ogni individuo organato, unità immateriale, intangibile quanto il genere, benchè io possa toccare le diverse parti dell'individuo; dunque ogni individuo organato è immateriale, e quando muore, cessa di essere: il disparire della sua apparenza lo uccide.
Se si tratta dell'anima umana, il ragionamento è lo stesso; l'unità dell'uomo è immateriale, deve essere riconosciuta quando appare, deve cessare quando scompare. In questo senso lo studio della natura non respinge lo spiritualismo de' teologi, ma lo utilizza; non lo confuta, ma lo rettifica.
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Aristotele Cuvier Lamarck
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