Ecco la rettificazione:
IL TEOLOGO.
Il vostro giudizio, la vostra volontà, la vostra coscienza attestano l'unità del vostro io; dunque è uno, indivisibile, dunque immateriale.
IL NATURALISTA.
Il giudizio, la volontà, la coscienza dell'animale mostrano l'io dell'animale uno e indivisibile; se mi volete immateriale, accordatemi che ogni animale lo è.
IL TEOLOGO.
Ma voi siete ragionevole.
IL NATURALISTA.
Ma l'animale pensa, ha una coscienza, paragona, giudica; il suo io è come il mio, dunque è immateriale; io non posso ammettere l'immaterialità dell'anima umana senza ammettere l'immaterialità di tutti gli animali.
IL TEOLOGO.
Vi accorderò l'immaterialità di tutti gli animali, almeno allora mi accorderete che l'anima dell'uomo è immateriale.
IL NATURALISTA.
Voglio di più; voglio che l'anima della rosa, che quella d'ogni fiore siano immateriali: difatto, rispondetemi, perchè la mia anima è immateriale?
IL TEOLOGO.
Lo ripeto; le nostre sensazioni si riferiscono ad un punto uno ed indivisibile; il nostro giudizio ravvicina due idee, e suppone il punto unico e indivisibile della loro cognizione: lo stesso si dica della volontà, della memoria, delle altre facoltà, tutte diverse e distinte, eppure concentrate in un punto unico.
IL NATURALISTA.
Benissimo. La congiunzione, l'identificazione di due cose, di due facoltà, ci sforzano adunque a supporre un io indivisibile; ora io vedo nel fiore più forze che cospirano, vedo una cosa unica che si diversifica e si svolge nelle foglie, nei petali, senza cessare d'essere unica e di dominare il complesso del fiore.
| |
|