Si è la logica, soggiogata dalla rivelazione, incatenata al fatto, che distingue l'ossigeno dall'ossido, la ghianda dalla quercia, il feto dal fanciullo. La logica distingue una evoluzione, considerata nella sua totalità, da tutte le altre evoluzioni; essa vieta di affermare un'altra evoluzione, là dove si manifesta quella dell'ossigeno, della ghianda o del feto. Questa distinzione è assolutamente meccanica, tutta esterna; nega la ghianda quando appare la quercia, nega il feto quando appare il fanciullo, nega un oggetto quando fa luogo ad altro oggetto; annienta una qualità perchè l'altra possa sorgere. Dunque l'evoluzione molecolare e organica si attua dominando la logica, e nella logica diviene ad ogni istante una questione di essere e di non-essere che si alternano, questione essenzialmente meccanica. Non si può scioglierla, senza invocare la quantità, il numero, la misura; se il naturalista descrive l'evoluzione di un genere, deve dire il tempo necessario al germogliare, il frutto che produce; deve contare, pesare, misurare i frutti: senza la misura tutto è incommensurato, e l'incommensurato è l'indeterminato, il caos.
Le dimostrazioni dei chimici e dei naturalisti sono affatto meccaniche. Dimostrare, servirsi del sillogismo, è un mostrare che il contenuto trovasi nel contenente; togliete la necessità de continente et contento, necessità che afferra le cose, considerandole sotto l'aspetto della grandezza, il sillogismo non ha più senso, non dà dimostrazione. Così il chimico quando osserva una sostanza, è chimico; quando dichiara ciò che essa è, la classifica, la trasporta in un dato genere, è un vero meccanico.
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