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      «Gli individui», dice Aristotele, si succedono nella sensazione come i soldati nell'esercito; lasciano una traccia nell'intelletto attivo, e le idee escono dagli individui, praetereaque ex universali quiescente in animo.» Qual'è questo universale? qual'è l'azione dell'intelletto attivo? In qual modo l'intelletto passivo contiene l'universale?... Eccoci ritornati ad una idea innata, ad un platonismo confuso, voglio dire, ad una teoria la quale permette nuove fasi e nuova carriera ai discepoli di Platone. L'assioma nihil in intellectu quod prius non fuerit in sensu nel trattato Dell'Anima riusciva all'impossibile, negli Analitici Postremi veniva contradetto; in ogni modo rimaneva sterile sino alla fine del risorgimento.
      La psicologia si rinnova con Descartes. Quando Descartes, staccato da ogni tradizione, da ogni autorità, solo colla sua mente, egli trasse da sè ogni scienza, accettò implicitamente le idee innate: senza analizzarle cedeva alla necessità logica, con cui rivelavansi nel ragionamento matematico; la chiara e distinta percezione accoglievale e santificavale rendendole inviolabili, a patto di generare logicamente ogni cosa, l'io e il non-io, l'uomo e la natura. Ma che può generare l'idea? nulla, tranne sè stessa; ponendo l'idea, si resta nell'idea; e procedendo logicamente, si rende assurdo ciò che non è l'idea. Ne consegue, che l'altissima equazione cartesiana, colla quale in Dio l'essere e l'apparire erano fatti eguali, non regge: conviene ottare tra l'idea dell'essere o l'essere stesso, che è genere.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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