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      La fatalità riappare nei diluvj, nelle carestie, nelle pesti, soprattutto nella guerra, che devasta le nazioni incivilite e le rende preda de' barbari. Da ultimo, la fatalità si ritrova dovunque, nella morte immatura di un eroe, in una battaglia perduta, negli accidenti che ritardano una scoperta, e brevemente, nei mille ostacoli che attraversano i destini dell'uomo. Mentre siamo condotti all'umanità dalla potenza provvidenziale delle idee, la fatalità ci contrasta tutti i progressi, separa le società, le condanna a trascinarsi sul solco sanguinoso delle rivoluzioni: essa sacrificava Atene, Roma; isola la China, perpetua la più profonda ostilità tra le diversi parti del globo. Chi trionferà? la provvidenza delle idee o la fatalità esterna? l'associazione o la dissociazione? Invano ci sforzeremmo di sciogliere il dilemma con ragioni astratte. Non possiamo dominare a priori l'origine stessa della rivelazione per dimandarle perchè ha imposto al benessere la condizione del lavoro, al riposo la condizione del moto, alla scienza quella dell'ignoranza, ad ogni invenzione quella del bisogno. Dappertutto il dolore presentasi come condizione del progresso; il genio del male che celebra il trionfo del bene, è la fatalità che si offre come condizione della provvidenza. La divisione e l'associazione si contendono tutti i popoli e tutte le fasi del sistema sociale.
      La metafisica tenta di sciogliere il dilemma e di trovare un termine per cui la provvidenza della ragione umana e la totalità delle cose esterne siano identificate.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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