Dopo aver dichiarato che hannovi falsi uomini, la metafisica deve dichiarare che havvi una falsa natura, di cui trionferemo. Dov'è dunque la vera natura? Sfortunatamente trovasi fuori della natura, in Dio, in cielo, nelle regioni delle favole, ovunque si vuole. Eccoci nel vuoto. La metafisica non si sconforta dinanzi al vuoto; essa prende l'una dopo l'altra le contraddizioni dei beni reali per proteggere il suo bene imaginario. Dimostrasi che nei falsi uomini, nel mezzo di una falsa natura, godere è soffrire; che dobbiamo sacrificare il contento per essere felici; dimostrasi che la ricchezza è una servitù, che l'uomo veramente ricco deve essere povero. Nella ragione staccata dalla vita, non havvi se non il vuoto, e siamo di viva forza ricondotti al vuoto per tutte le vie: per la via di Platone, che ci promette la felicità nell'idea astratta del bene; per la via di Zenone, che ci assicura la felicità suprema separandoci da tutti i beni; per la via di Cristo, che ci promette la felicità nella morte. Dopo di avere dimenticata la vita al punto di partenza, la metafisica la rende impossibile per mezzo di tutte le equazioni chieste alla ragione.
Havvi, in secondo luogo, una metafisica terrestre che vuole compito nel mondo il nostro destino, confidandolo alle nostre sensazioni, al nostro benessere, all'amor proprio. Qui si considera solo un frammento della vita, quella parte che trovasi materializzata fuori di noi, nella meccanica degli interessi positivi, nei fenomeni esterni. La metafisica s'impegna a spiegare coll'equazione dell'amor proprio il rimanente della vita, il nostro interno.
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Dio Platone Zenone Cristo
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