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      La moralità è cosa precisa, collegata col vero; l'arte, al contrario, vuole uno spazio assolutamente libero. Non havvi cosa più insipida che la poesia quando si propone di dettarci in noi un insegnamento morale, di renderci buoni sposi, ottimi cittadini e uomini onestissimi. Allora tutto il vizio della finzione poetica si palesa; la poesia cessa di animare la favola, si raccoglie negli ornamenti, negli episodi, sparisce dal poema. Se la morale ha una parte nella poesia, il poeta deve ignorarlo. Da ultimo, l'ispirazione e la decenza, la poesia e la morale che si confondono nelle altissime regioni dell'arte, si separano troppo spesso nelle regioni inferiori, e ne scaturiscono mille romanzi, mille novelle di una ammirabile indecenza e di una scandalosa bellezza.
      Si tentò render conto della poesia coll'idea della finalità, perchè gradisce il vedere subordinati i mezzi ad un fine: là dove trovasi una combinazione di congegni per raggiungere uno scopo trovasi il bello, e Kant pensa che la finalità sia il secreto della poesia. Ma l'attrazione misteriosa dell'ordine è comune alle arti, quanto alle scienze; ispira egualmente il poeta e lo scienziato, non fa verun conto della linea che divide il cantare dal sapere. Havvi una bellezza vaga e indeterminata, la bellezza dei campi, dei colori, di certi effetti di luce: qui dove è la finalità? L'ispezione anatomica dei corpi organizzati svela una finalità mille volte superiore a quella indicata dalle forme esteriori dei corpi stessi; eppure l'arte si ferma alle forme esteriori, e aborre dall'intero congegno dei muscoli, dei nervi, delle vene.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





Kant