Ci convien esaminarle per sottrarre la rivelazione della follìa a tre equazioni meccaniche che la travisano per poi travolgerla nelle aberrazioni della metafisica.
La teoria fisica considera la demenza come un'infermità del corpo, e trovasi vinta nell'atto stesso in cui vuol stabilirsi. Qual'è il primo suo debito? Deve caratterizzare la follìa, mostrare in che differisce dallo stato regolare della vita, e la teoria fisica non regge nell'assunto. Quando la follìa si manifesta, chi la riconosce? Non il medico, ma la famiglia, gli amici, i conoscenti dell'infermo. Il medico si limita alle funzioni di testimone, interroga l'infermo, lo giudica dai discorsi, dallo sguardo, dal gesto; il suo giudizio è il giudizio di tutti, nè altro deve fare se non verificare il fatto come officiale di salute. Il fenomeno della malattia sfugge completamente all'osservazione fisiologica. La salute può essere perfetta, il polso regolare, l'organizzazione senza vizio, e in pari tempo l'infermo può essere perduto per sempre. I sintomi patologici che in alcuni individui accompagnano o precedono la malattia, sono sintomi secondari, che rinvengonsi negli ammalati la cui intelligenza non trovasi punto alterata. Il senso leso, le visioni, le allucinazioni, le voci interiori, il gusto e l'odorato falsati, il tatto affievolito, la disadattaggine quasi universale degli alienati, la forza spaventosa dei maniaci, l'eccessivo calore che divora i furiosi, sono fenomeni fisici: spetta solo al fisico, voglio dire solo al medico, il giudicarli; ma possiamo noi confonderli colla pazzia?
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