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      Ma l'intelligenza è muta sulle rivelazioni della vita; non conosce che il sì, il no, il vero, il falso, l'essere, il non-essere; non sa determinare l'istante in cui la ragione cessa di essere ragionevole, e quando la teoria intellettuale vuol determinare i caratteri della follìa, trovasi inferiore alla stessa teoria fisica. Almeno la teoria fisica può mostrare alcuni sintomi; il furore, l'allucinazione, uno sconcerto organico; la teoria intellettuale non trova alcun dato nell'intelligenza, eccetto il vero e il falso, ed è ridotta a confondere la follìa coll'errore. Ma se l'errore è una follìa, chi non è pazzo? Limiteremo noi la pazzia a quegli errori che oppongono una cieca resistenza ad ogni dimostrazione? Non havvi religione che non resista ciecamente colla sola forza del sistema mistico; la follìa non è la fede, nè la fermezza, nè l'ostinazione. Sta forse negli errori condannati dal senso comune? In questo caso non havvi follìa che non sia stata adorata sugli altari; la metà della filosofia si sviluppa con teorie in opposizione alle credenze universali del genere umano. Porremo noi tra le malattie della mente gli errori funesti all'individuo o alla società? In tal caso sottometteremo alle nostre idee le opinioni sulla felicità e sull'infelicità, sulla moralità e sull'immoralità; i nostri dogmi giudicheranno gli errori funesti, imprigioneremo come pazzi i màrtiri, i profeti delle religioni che noi non professiamo; confonderemo i viziosi coi dementi, gli scellerati coi pazzi.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693