Il genio non è nell'intelligenza, ma nell'ispirazione: privilegiata nel genio, originale nel poeta, essa può passare alla follìa facilmente, come si passa dal sublime al ridicolo. La transizione è facile quando il genio è inventore, e quando l'invenzione lo trasporta in un nuovo mondo per farlo vivere nel mezzo della sua utopia. Le sue idee possono allora fare le veci dell'allucinazione, falsare la correlazione del sentimento colle cose: una sventura, un'ingiustizia subita, una catastrofe, disordinano la ragione; ed è allora che il genio conduce alla follìa.
Le migliori cure della pazzia sono quelle che pervengono a ristabilire il rapporto regolare tra il ritmo della vita e la rivelazione esterna imponendo rigidamente all'infermo il fatto della realtà. L'uomo che applica con maggior successo questa cura, M. Leuret, si fonda su di una falsa teoria; parte da un dato intellettuale; ripone la salute nel complesso ragionato delle nostre idee, confonde la pazzia coll'errore. Quando cerca la linea che separa la mente sana dalla demenza, non la trova; e dimanda se sia demenza l'aspettare il Messia: ripone Ezechiele, Mosè e santa Teresa fra gli allucinati; ne trova alla Salpetrière i tipi corrispondenti: e non avremmo che a dedurre le ultime conseguenze di questa teoria per rilegare alla Salpetrière Hegel, Malebranche e Platone; che dico? l'umanità tutt'intera che ammirava Ezechiele, Mosè e santa Teresa, o profeti più allucinati. M. Leuret non afferra la teoria, pure la sua pratica devesi approvare; la sua cura consiste nell'assalire direttamente la pazzia, opprimendola sotto il peso del senso comune.
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