Non è possibile sottrarsi alla legge del sacrifizio. L'uomo è naturalmente guerriero; il pericolo lo attrae, lo trascina nei tornei, nei duelli, nelle spedizioni avventurose, lontane, impossibili. Se mancano le avventure, si cerca la lotta nella politica, nel commercio, nel giuoco. Lo ripeto, egli è impossibile l'essere assolutamente egoista o assolutamente vile. Perchè alcuno supporti l'ingiuria e tenda la guancia allo schiaffo, gli abbisogna il precetto di una religione che promette un premio infinito. La stessa religione non basta per fermare l'impeto della rivelazione morale. Il credente bestemmia, quasi compiacendosi di sfidare il suo Dio. I negromanti del medio-evo arrischiavano l'anima per evocare le potenze dell'inferno; migliaia di fanatici affrontavano i terrori del cattolicesimo per darsi in braccio alla magia, tracannavano misteriose bevande per andare in treGgenda colle fate. In una parola, ogni credente sarebbe assolutamente impeccabile se fosse consigliato dal solo egoismo; ma egli è agitato dalle furie dell'amore, della collera, dell'invidia, della gelosia; queste forze lo chiamano alla lotta, gli impongono la guerra e possono sospingerlo fino a combattere l'Eterno.
Abbiamo trovato la rivelazione morale nel fondo della poesia della vita; l'arte ne offre il riflesso. Lo spettacolo del sacrifizio ci affascina: quindi il popolo cerca avidamente scene di sangue, chiede il combattimento de' gladiatori, accorre ai tornei; se manca la spontaneità del combattere, vuol assistere ai supplizi; se mancano vittime viventi, legge le storie, i viaggi, le leggende, i poemi; ed è coll'evocare la legge del sacrifizio che si sviluppa la poesia.
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Dio Ggenda Eterno
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