Essa tormenta eroi imaginari, li sospinge tra pericoli fantastici per isvelare di continuo la potenza ascetica, che li applaude dal fondo dell'anima. Ed ecco Patroclo trafitto da Ettore; Ettore trascinato da Achille sotto le mura di Troia; Macbeth che si precipita di delitto in delitto per sostenere l'insanguinata corona. Si tolga il combattimento, si rimova il pericolo, la poesia non può manifestarsi, la bellezza rimane vaga ed incerta, ridotta a mero spettacolo. Si sostituisca al coraggio la viltà, al sacrifizio l'egoismo; l'interesse si divida dal disinteresse che fatalmente lo segue, vedremo apparire innanzi a noi esseri fantastici, falsi, impossibili. Vedremo il Falstaff di Shakespeare, il Bobo del dramma spagnuolo; Pulcinella, Arlecchino; le piacevolezze della commedia o le stravaganze della farsa; in una parola, vedremo la follìa ed il ridicolo. Ora che è la follìa? E una infermità della vita. Che è il ridicolo? E il primo effetto di questo morbo; chi sopprime il sacrifizio, sopprime l'uomo stesso. Havvi adunque una rivelazione morale che segue il vizio come la virtù, l'infamia come la gloria; disinteressata, essa è la materia prima dei diritti e dei doveri.
Capitolo II
PRINCIPIO DELL'OBBLIGAZIONE
Siamo noi tenuti ad accettare la rivelazione morale? dobbiamo noi sacrificarci alla tendenza, forse ingannevole, che si oppone ai nostri interessi? Dobbiamo obbedirle, essa, ci obbliga, ci signoreggia; se le resistiamo, ci opprime, ci grida spregevoli e ridicoli, per sottoporci, quasi essere degeneri, agli uomini che accettano il suo impero.
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