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      La rivelazione morale dunque ha tutta l'autorità di un fatto primitivo, sui generis. Io non posso dire perchè mi obblighi, come non posso dire perchè esistano gli esseri, le forze, i fenomeni; ma la sento indivisibile dalla legge che regge l'egoismo; e qualunque sia la sua forma, non posso scinderla dal mio interesse senza fremere di dolore, senza essere costretto a fuggire lo sguardo degli uomini; e se voglio sfidarlo, deggio fare uno sforzo che mi pesa più della stessa onestà.
      Qualche volta la rivelazione morale scompare, l'abitudine del delitto spegne il rimorso. Si dirà che, identificando il primo principio del dovere colla rivelazione morale, il dovere sarà soppresso quando la rivelazione stessa scompare. Ciò non può negarsi; e nessun ragionamento, nessuna teoria, nessun dogma potrà mai surrogarsi alla coscienza. Non havvi sillogismo per far intendere l'abnegazione a chi non la sente; non havvi metodo per insegnare la virtù; il cristianesimo confessa che non può rivolgersi all'uomo morto alla grazia; per noi l'uomo morto all'umanità vedrà sempre nella virtù un'atto di follìa. Che fare dinanzi a colui che non accetta alcuna legge? È forza difender noi stessi, togliergli le sue vittime e incatenarlo. Dacchè non possiamo sostituirci alla rivelazione morale, ci resta solo di soggiogarla colla forza materiale. Del resto, l'uomo assolutamente morto alla morale è una mera ipotesi.
      Fu dimandato se il principio che obbliga è in noi o fuori di noi: fuggiamo questa indagine di una logica cavillosa e ribelle.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693