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      Fuori di noi il principio che obbliga sarebbe straniero e impotente: in noi sarebbe a livello del nostro egoismo, e potendo obbligarci da noi stessi, potremmo da noi stessi assolverci. La rivelazione morale non è in noi, nè fuori di noi e in pari tempo è dovunque; discende dalle regioni dell'impossibile, pure esiste, ci domina dalla culla, ci segue fino alla morte, e sorge dal fondo di ogni interesse. Vogliamo noi negarla? Lo stesso ragionamento che la distrugge, distrugge la nostra esistenza e l'esistenza dell'universo. Poco importa adunque che nelle regioni dell'intelligenza morale si contraddica; poco importa che i mille dilemmi dello scetticismo signoreggino il vizio e la virtù per sostituire di continuo l'ingiustizia alla giustizia. Questa è una fatalità trascendente o una pratica puerilità: può togliere senza pericolo la distinzione del bene e del male; senza deturparci, può distruggere il vizio e la virtù, perchè annichila gli oggetti del vizio e della virtù. Se legittima l'omicidio, in pari tempo lo rende impossibile, perchè annienta la vittima minacciata.
      Il principio del dovere, quale si manifesta nella rivelazione morale, riunisce tutti i caratteri di un principio primo. È essenziale alla morale, è semplice, evidente, universale, superiore a tutto; non dipende da una dottrina; s'impone egualmente all'uomo del popolo ed allo scienziato. Noi sentiamo tutti che la virtù non s'insegna, e la rivelazione morale è l'insegnamento della natura; sentiamo che la scienza non è necessaria alla virtù, che l'eroe può ignorare la formola scientifica del principio obbligante; e nel fatto la rivelazione morale si palesa al momento dell'azione senza bisogno d'interpreti e di logici.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693