Fin qui l'obbligazione e le tre condizioni della libertà, del merito e della sanzione, riduconsi a una maniera d'orgoglio o di dignità che ci impongono di conservare la nostra volontà, di persistere nel nostro interesse, a dispetto della morte. Dopo verificata la rivelazione morale ci rimane di determinare il dovere: qual'è adunque il principio che vincola l'animo nostro alle formole della giustizia? Il vincolo dell'utile.
Nessuno ci contesterà che, soppresso l'utile, svanisce ogni dovere. Il delitto scompare quando non nuoce ad alcuno, anche la virtù scompare quando non serve a nulla. Quali sono le più grandi scelleraggini? Le più nocive, quelle che recano maggior danno alla società,! Quali sono le più grandi virtù? Le più utili, le più profittevoli all'umanità. Esageriamo il sacrifizio, prodighiamolo negli atti più indifferenti, cadremo nel fanatismo de' devoti, negli scrupoli de' dementi, nella pazzia. Se fossimo tutti fisicamente insensibili e moralmente invulnerabili, saremmo sciolti da ogni dovere, e non avremmo alcun diritto. Così la legge del sacrificio è provocata dall'interesse, si sviluppa coll'interesse, e cessa quando cessa l'interesse: come dunque misurare la giustizia, se non coll'utile? L'utile è l'antitesi della giustizia, e in pari tempo è il solo termine che possa misurare la tesi naturale del giusto; nella stessa guisa, che le tenebre misurano la luce, la malattia misura la salute, gli oggetti immobili misurano il moto.
Si dirà: «L'interesse è capriccioso, non può imporre alcun precetto; libero nella scelta del piacere e del dolore, in qual modo potrebbe vincolarsi ad un dovere?
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