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      Ora l'interesse perdona, ora si vendica: ora ama, ora odia: determina i doveri? potrà determinare due doveri contradditorii, due morali che si escludono a vicenda?» No; l'interesse non è capriccioso; ma fatalmente prestabilito della natura. Noi non siamo i signori del mondo, non siamo gli inventori della nostra organizzazione: la natura ci forma, ci domina; dispensa il piacere ed il dolore, la letizia e la tristezza: è la natura che spinge l'uomo alla famiglia, la famiglia alla società; che crea l'industria, il commercio, i mille bisogni de' popoli inciviliti. Dunque l'interesse è fatale, più forte della ragione, più potente della volontà: e il fato dell'interesse determina la serie dei doveri, e trasforma la dignità vaga e generale dell'orgoglio nella dignità della giustizia e nell'orgoglio della virtù. I pretesi capricci dell'interesse riduconsi ad un'ipotesi dialettica. Sotto l'aspetto delle astratte possibilità tutte le passioni possono intervertirsi; si può ondeggiare tra l'odio e l'amore; possiamo chiederci se conviene consolidare o sciogliere la società, soccorrere o perdere i nostri simili; dinanzi al possibile il male diventa bene, e il bene male. Dinanzi alla realtà le astratte possibilità scompaiono, le inversioni conducono alla pazzia, e la rivelazione morale segue lo sviluppo diretto degli istinti. Spetta dunque all'interesse naturale, e quindi generale, il misurare la giustizia.
      Una nuova obbiezione si presenta. «Se la rivelazione morale segue passo passo il nostro interesse, essa varierà secondo gli interessi stessi: i principj della giustizia saranno mutabili come le circostanze, il clima, l'incivilimento; la virtù potrà diventare il vizio, e il delitto potrà essere rispettato come la virtù». È quanto succede; ma l'accusa non cade sopra di noi, cade sulla natura.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693