Il vero difetto della teoria non poteva essere scorto nč dai teologi, nč dai metafisici, consisteva nel trascorrere verso la metafisica, nel cedere al falso impulso delle equazioni di Locke, di David Hume e di Condillac. Stabiliva l'utile come principio primo, come apparenza prima, col diritto di spiegare tutte le apparenze. Ne nasceva che dovevasi trarre dall'utile l'antitesi stessa del sacrifizio; quindi ogni apparenza nella quale si manifesta il consacrarsi dell'io ad un interesse universale, doveva sorgere dall'amor proprio, essere un interesse mascherato, un sentimento egoista, divenuto antie-goista per illusione, per errore, per non so quali metamorfosi che la dialettica utilitaria svolgeva parallele a tutte le metamorfosi della sensazione diventata memoria, giudizio, sentimento, ragione, natura, e anche Dio, se occorreva. Calunniavasi la natura umana supponendola teoricamente peggiore pių che non č; ma la calunnia perdevasi nella metafisica, e toccando terra, la teoria reclamava poi che l'uomo fosse assai migliore che non era. E convenne cederle, e convenne accordarle che il nobile č un uomo; che il prete č un uomo; che una stessa legge deve governare tutti i cittadini; che il re č una finzione; che la legge deve badare solo all'utile della societā; che gli utili trasmondani sono vaneggiamenti, falsi valori a sbandirsi dalla legge; che il protrarre l'espiazione al di lā della misura dell'utile č infamia; che il sottomettere ogni delitto terrestre all'espiazione voluta dal Dio cristiano č perversitā sciagurata e stolta.
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