Finchè trattasi di verificare la forza morale, il poeta è il solo testimonio dell'ispirazione giuridica. Dobbiamo determinare le nostre azioni? Allora convien misurare gli interessi, che non si estimano se non col calcolo meccanico; conviene comandare alcune azioni, vietarne altre, convien disporre della forza pubblica, minacciar pene, prometter premj. Qui l'ispirazione non basta, è vaga, è incerta. Il legislatore deve farsi politico, economista, deve fondarsi sul mondo visibile se vuol governarlo. Quindi il legislatore obbliga coll'ispirazione, comanda col calcolo; coll'ispirazione vincola la coscienza, colla scienza domina l'intelletto. Quindi nel momento in cui propone la sua legge, è sempre poeta e scienziato. Egli è poeta perchè parla alla coscienza di giustizia, di gloria e di onore, cerca di commuovere; in pari tempo è scienziato, perchè deve dimostrare in un modo positivo e meccanico la necessità della sua legge.
La scienza del legislatore non sarà mai se non la scienza dell'utile. I principj del vero e dell'ordine su cui si fondarono tanti moralisti, intervengono nella morale subordinati all'utile. Perchè la morale invoca il vero? Perchè il vero è utile, e c'interessa. L'interesse non è il piacere d'un istante; è il complesso de' nostri piaceri; deve abbracciare la vita, comprenderne il disegno; quindi deve fondarsi sul vero; quindi il vero non misura la giustizia se non per mezzo dell'interesse. I teologi dicono che la morale dipende dal dogma: perché? Perchè il nostro interesse dipende dal dogma.
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