Pagina (453/693)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      La morale tende alla perfezione, aspira di continuo a un ordine di cose in cui tutte le azioni concorrano al pių alto scopo che si possa concepire. Quanto pių si conosce, tanto pių numerosi sono i nostri doveri morali; il pių grande degli uomini č sempre predestinato al martirio: quando Dio discende sulla terra, la leggenda lo fa morire sulla croce; al contrario, il diritto č passivo, inerte; si lascia sempre trascinare dalla morale; per sč non ha scopo. La morale, impadronendosi del nostro essere, penetra nel fondo della coscienza, scandaglia l'intenzione, vuol regnare sul mondo invisibile delle nostre passioni, si interessa pių del pensiero, che dell'atto, pių dell'intenzione, che dell'opera. Non deve forse dominare l'effetto colle cause? Il diritto si ferma nell'atto, non interroga se non l'effetto, non valuta se non il danno recato, nč si cura del pensiero o dell'intenzione.
      La differenza tra la morale ed il diritto sotto la pressione della logica puō divenir contraddizione, e condurci a concludere che il diritto č morale e immorale, destinato a proteggere il vizio e la virtų. Pure questa contraddizione non č leale, ma fittizia ed emerge dall'atto, che fa della morale e del diritto due cose, e direi quasi due persone distinte; si contempla da una parte la morale, dall'altra il diritto, e si vede quest'ultimo or congiunto, ora in opposizione colla morale; or favorevole, ora ostile alla virtų. D'onde la contraddizione? Dall'essersi trasformato il diritto in un ente astratto.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





Dio