Il lavoro è il titolo più moderno della metafisica per transire dalla comunanza alla proprietà e vien considerato come l'atto che toglie le cose alla comunanza per darle all'artefice. Nel fatto, esso crea un valore; emana dalla libertà; la libertà attuata col lavoro sembra consacrare la proprietà; la proprietà sembra logicamente distinta dalla comunanza. Ma il titolo del lavoro subisce previamente l'antinomia della libertà e della comunanza. Per lavorare bisogna impadronirsi di una materia, appropriarsela ad esclusione di tutti gli uomini, e diventarne proprietario prima di darle una forma, un valore. Con qual diritto appropriarsi una materia che è il retaggio comune dell'umanità? Ogni uomo ha diritto, non solo alla materia, ma eziandio al lavoro: perchè sottrarre una data materia al lavoro del genere umano? Perchè vi arrogate il privilegio del lavoro? Perchè vi appropriate la materia unita al vostro lavoro, alla forma da voi data, la quale sola è opera vostra? Poi il lavoro è un peso, una pena; la proprietà è un godimento, un bene: il lavoro crea valori; il proprietario ha diritto di lasciare la terra incolta, di respingere l'agricoltore, di distruggere il capitale. Tra il lavoro e la proprietà l'opposizione è perfetta: in qual modo adunque il lavoro potrebbe dare il diritto di non lavorare? in qual modo la creazione dei valori potrebbe dare il diritto di distruggerli? Il lavoro è transitorio come l'occupazione; quando cessa, svanisce ogni rapporto tra l'artefice e l'opera, le cose ricadono nella comunanza universale d'onde non dovevano esser tolte.
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