Può divenir re, può dichiararsi proprietario del regno, se il popolo cede, consentienti non fit injuria. La proprietà si limita solo quando vien contestata dalla libertà dei nostri simili; la libertà dei nostri simili limita la proprietà; nella stessa guisa che l'eguaglianza limita la libertà. Non si tratta adunque di una eguaglianza astratta, di una comunanza universale che abolisca immediatamente ogni proprietà; l'eguaglianza astratta non è sostenuta da alcun sentimento giuridico, la comunanza universale si riduce ad un'ipotesi dialettica. Trattasi dell'eguaglianza sentita, di quella libertà che i nostri simili recano in atto, e che la loro moralità reclama. La vostra proprietà mi nuoce? mi condanna alla schiavitù? m'impone la fame? è dessa micidiale per la famiglia del povero? oppressiva per l'intelligenza del popolo? pone il famelico nell'alternativa del furto o della morte? Il furto è assolto; il rispetto morale ispirato dalla proprietà svanisce; gli succede l'indignazione giuridica della moralità conculcata, della libertà infranta; e la comunanza protesta a nome dell'eguaglianza.
Di là il diritto di necessità. Tutti i giureconsulti l'ammettono in un col diritto di proprietà. Grozio, che fonda la proprietà sul contratto di divisione stabilito nel principio della società, fonda il diritto di necessità su di una restrizione tacita fatta al momento della divisione; in sua sentenza vi si sottintendeva l'eccezione della necessità. No: non havvi restrizione, perchè non havvi contratto: è la natura che costituisce la proprietà a nostro profitto, ed è ancora la natura che protegge la nostra miseria coll'ispirazione giuridica dell'eguaglianza.
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